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La Direttiva NIS2 cambia le regole del gioco: guida pratica per non farsi trovare impreparati

Fino a pochi mesi fa, la sicurezza informatica era vista da molti imprenditori come una sorta di polizza assicurativa: una spesa necessaria, ma fastidiosa, da delegare al reparto IT sperando di non doverci mai pensare davvero. Con l’arrivo della Direttiva NIS2, questo approccio non è più sostenibile.

Non stiamo parlando dell’ennesimo adeguamento burocratico da archiviare in qualche faldone. La nuova normativa europea ha un obiettivo molto pragmatico: blindare la catena del valore. Se gestisci un’azienda meccanica, alimentare o di logistica tra Bologna e Modena, è molto probabile che tu sia già nel mirino, forse senza saperlo.

Il motivo è semplice: se lavori per grandi committenti, diventi automaticamente un anello della loro catena di sicurezza. E un anello debole non è più accettabile.

Perché la tua azienda è coinvolta (spoiler: è colpa della filiera)

La vecchia normativa si concentrava solo su settori critici come energia o sanità. La NIS2 ha allargato il tiro in modo massiccio. Ora rientrano nel perimetro settori che sono il cuore pulsante della nostra economia locale: la produzione di macchinari, la gestione dei rifiuti, la chimica, l’alimentare e i servizi digitali.

Ma il vero punto di svolta è il principio di responsabilità sulla catena di fornitura. Le grandi aziende, definite “soggetti essenziali”, ora rispondono legalmente della sicurezza dei loro fornitori.

Mettiti nei panni di un tuo grosso cliente del settore automotive o del packaging. Per essere conforme, lui deve dimostrare che anche tu, che gli fornisci componenti o servizi, sei sicuro. Ti invierà questionari di autovalutazione sempre più stringenti o chiederà audit di terze parti. Se non passi l’esame, non è che rischi una multa: rischi che il contratto venga stracciato perché rappresenti un rischio operativo troppo alto.

I rischi personali per chi amministra

C’è un dettaglio della normativa che ha fatto saltare sulla sedia molti dirigenti: la responsabilità diretta. In passato, in caso di attacco informatico grave, si poteva dare la colpa al tecnico o alla sfortuna. Con la NIS2, gli organi di amministrazione e direzione sono ritenuti responsabili in prima persona se non hanno approvato e supervisionato le misure di gestione del rischio.

In caso di incidenti dovuti a negligenza, le sanzioni non si limitano a colpire il bilancio aziendale. Possono prevedere l’interdizione temporanea dalle funzioni direttive per gli amministratori delegati. Significa che la cybersecurity entra di diritto nei verbali del CdA, allo stesso livello dei bilanci e delle strategie commerciali.

Le 4 colonne portanti dell’adeguamento tecnico

Passiamo dalla teoria alla pratica. Cosa deve fare concretamente la tua azienda domani mattina per iniziare il percorso di conformità? Non serve comprare software a caso, serve agire su quattro fronti specifici.

  1. Igiene informatica di base e controllo degli accessi: sembra banale, ma è qui che cadono quasi tutti. La NIS2 impone l’uso di crittografia e autenticazione a più fattori (MFA) ovunque. Non devono esistere accessi alla rete aziendale protetti solo da una password, specialmente se si lavora da remoto. Inoltre, bisogna avere una mappa aggiornata di tutti gli asset: non puoi proteggere dispositivi o server se non sai nemmeno di averli collegati alla rete.
  2. Gestione degli incidenti (non improvvisare): quando (non se) subirai un attacco, l’improvvisazione sarà il tuo peggior nemico. La direttiva richiede procedure scritte e testate. Chi decide se spegnere i server? Chi chiama l’ufficio legale? Chi comunica con le autorità competenti entro le tempistiche strettissime previste dalla legge (spesso 24 o 72 ore)? Avere un piano di “incident response” già pronto fa la differenza tra un fermo macchina di due ore e uno di due settimane.
  3. Business continuity e disaster recovery reale: fare il backup non basta più. La normativa richiede di garantire la continuità operativa. Questo significa che i tuoi backup devono essere:
  • Isolati dalla rete (offline o immutabili):, per non essere cifrati dai ransomware moderni.
  • Testati periodicamente: se non hai mai provato a ripristinare i dati simulando un disastro, non hai un piano di recupero, hai solo una speranza.
  1. Verifica costante della sicurezza: la sicurezza non è uno stato, è un processo. La NIS2 spinge verso l’analisi periodica dei rischi. Qui entrano in gioco strumenti come il vulnerability assessment automatizzato per scovare falle note e il penetration testing per simulare attacchi reali. Non puoi dire “siamo sicuri” se non hai mai provato a forzare le tue stesse difese.

Un vantaggio competitivo, non solo un costo

Guardare alla NIS2 solo come a una tassa occulta è miope. Il mercato sta cambiando velocemente. Sempre più gare d’appalto e contratti di fornitura includeranno requisiti di sicurezza informatica come clausole vincolanti.

Presentarsi oggi da un potenziale cliente con un’infrastruttura già conforme, certificata e resiliente non è solo un modo per evitare sanzioni. È un argomento di vendita potentissimo. Trasmette affidabilità, solidità e capacità di garantire le consegne anche in scenari avversi. In un tessuto industriale interconnesso come quello emiliano, essere il fornitore “sicuro” diventerà presto importante quanto essere quello “economico” o “veloce”.

Vuoi capire se la tua azienda è pronta per la NIS2? In Fass IT Solutions affianchiamo le PMI del territorio nell’analisi dei rischi e nell’implementazione delle misure tecniche necessarie, dai backup immutabili ai test di intrusione.

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