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Internet delle cose, i big tecnologici lavorano su standard comuni

Sempre più spesso si sente parlare di “Internet delle Cose“, oppure “Internet degli Oggetti“, ad indicare come la rete ormai stia sempre divenendo sempre più in usi e connessa con gli oggetti che utilizziamo quotidianamente. La prima volta che si sente parlare di IoT, “Internet of Things“, era il 1999 presso il MIT, il Massachusetts Institute of Technology, uno dei poli di ricerca tecnologica più importanti al mondo.

Con l’Internet delle Cose, gli oggetti si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri. E questi oggetti vanno dalla tv al frigo al termostato di casa.

Un fenomeno ormai in crescita al punto che alcuni big dell’hi-tech hanno deciso di unire le loro forze per mettere a punto degli standard tecnologici comuni. Nasce così l’Open Interconnect Consortium (OIC), che vede insieme Samsung ma anche Dell e Intel, solo per citare alcune delle aziende che vi fanno parte. Secondo la società Gartner entro il 2020 gli oggetti connessi nel mondo saranno 26 miliardi.

Questo consorzio arriva a pochi mesi dalla creazione di un’associazione analoga anche negli obiettivi, la AllSeen Alliance, che vedi uniti Microsoft, Qualcomm, LG, Sharp, Panasonic, solo per citare alcune aziende.

L’Open Interconnect Consortium ha il compito di creare un codice ‘open source’ che “si occuperà dei requisiti specifici per le soluzioni smart di casa e ufficio”. Le aziende che ne fanno parte definiranno, dunque, una metodologia di comunicazione comune tra gli oggetti, basato su tecnologie standard.

L’Internet of Things è un fenomeno sempre più sotto l’attenzione di tutti, esperti e anche utenti perché cambia il nostro modo di intendere e usare la rete. E, sempre secondo la società di analisi Gartner, tra sei anni il valore generato dal fenomeno supererà i 19 trilioni di dollari statunitensi.